Nei contratti di fideiussione la clausola “a prima richiesta” può essere dichiarata nulla per vessatorietà, se deroga al termine semestrale previsto dall’articolo 1957 del Codice Civile.
È quanto ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 14687 del 31 maggio 2025 (Sez. III Civile).
Ma cosa significa? E cosa cambia per le fideiussioni?
Premessa
Per una maggiore comprensione facciamo un passo indietro.
La fideiussione è un accordo attraverso cui un soggetto (Fideiussore), garantisce un'obbligazione assunta da un Contraente, obbligandosi personalmente nei confronti del creditore (Beneficiario) del rapporto obbligatorio.
Secondo l’art. 1957, comma 1 del Codice civile, “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.
Nella prassi commerciale, però, questa regola viene spesso derogata da un tipo di fideiussione chiamata “a prima richiesta” in cui il fideiussore solleva il creditore dall’obbligo di far valere il proprio credito contro il debitore principale entro i sei mesi. Questo significa che il fideiussore paga nel momento in cui il creditore lo richiede, senza attendere che quest’ultimo agisca prima contro il debitore.
Questa clausola se da un lato accelera la procedura, dall’altro può risultare sbilanciata nei confronti del fideiussore-consumatore.
Cosa dice la Corte di cassazione.
Il caso.
Su questo tema è intervenuta la Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 14687 sopracitata, ha dichiarato la vessatorietà della clausola “a prima richiesta” se inserita in un contratto con il fideiussore.
La sentenza deriva dal caso di un creditore che aveva fatto ricorso alla Cassazione per la sentenza resa nel secondo grado di giudizio, dopo che aveva ottenuto in primo grado un decreto ingiuntivo nei confronti del fideiussore per il mancato pagamento del debito residuo.
La Corte d’Appello aveva dichiarato il creditore decaduto dal diritto di escutere il garante, ritenendo inderogabile il termine di sei mesi previsto dall’art. 1957, comma 1, c.c., norma che stabilisce, come già anticipato, che il fideiussore resta obbligato solo se il creditore agisce contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza del debito.
Il creditore aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che il termine era derogato dalla clausola “a prima richiesta”.
L’ordinanza della Cassazione.
Tuttavia, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito.
In particolare, ha affermato la vessatorietà di tale clausola, ai sensi dell’ex art. 1469-bis c.c. (abrogato dal Codice del Consumo del 2025 e trasferito negli artt. 33-37 del Codice del Consumo).
La norma, infatti, stabilisce che sono vessatorie, e quindi nulle, tutte quelle clausole che, malgrado la buona fede, comportano per il consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Nel caso specifico, la clausola impone al fideiussore di pagare subito, senza possibilità di opporre eccezioni e aggrava ingiustamente la sua posizione.
Cosa comporta la nullità della clausola nei contratti di Fideiussione.
Dichiarata nulla la clausola “a prima richiesta”, il contratto non viene annullato del tutto.
Come stabilisce l’art. 1419, comma 2 c.c., la clausola nulla viene semplicemente sostituita dalla norma di legge.
Ne consegue quindi che il contratto resta valido, ma torna ad applicarsi la regola dell’art. 1957 c.c. come già chiarito anche dal Tribunale Ferrara, con la sentenza 10/06/2025, n. 580.
La giurisprudenza sul tema
È importante chiarire che questa pronuncia fa riferimento a un’ampia giurisprudenza sul tema della vessatorietà della clausola “a prima richiesta”.
Elenchiamo di seguito le principali:
- Trib. Cagliari, 13 marzo 2024;
- Trib. Firenze, 4 ottobre 2023, n. 2807;
- Tribunale Padova, 3 ottobre 2019;
- Trib. Milano, 12 luglio 2019, n. 6991;
- Trib. Treviso, 7 giugno 2018, n. 1185.