
La Festa della Donna è un’occasione per riflettere sul ruolo delle donne, sulle conquiste raggiunte e sulle sfide che hanno affrontato, e continuano ad affrontare, ogni giorno. Noi di Heca, da sempre attenti al mondo professionale, alle sue esigenze e alle dinamiche che lo caratterizzano, abbiamo deciso di dedicare questo spazio a un tema che riteniamo fondamentale: le donne e il loro posto nel mondo del lavoro.
Potrebbe sembrare un tema già ampiamente discusso, su cui si sono già spese tante parole e implementate diverse iniziative politico-sociali. Eppure, la situazione attuale, e i dati che la descrivono, evidenziano un’altra realtà: c’è ancora molto da fare e, forse, da dire.
L’occupazione femminile nel settore privato.
La nostra riflessione parte dai dati Eurostat, pubblicati nel 2024, che ci offre una mappa abbastanza dettagliata dell’occupazione femminile in Italia e in Europa. Nel nostro Paese le donne, tra i 20 e i 64 anni, ad avere un’occupazione sono il 56,5%, rispetto al 76% degli uomini.
L'Italia si colloca tra i Paesi con il più basso tasso di occupazione femminile nell’Unione Europea, dove la media è del 70,2%, restando distante da Germania (77,4%), Francia (71,7%) e Spagna (65,7%).
Il divario è particolarmente accentuato nel Mezzogiorno, dove solo il 39% delle donne lavora, rispetto al 67% registrato nel Nord e al 62,6% nel Centro. Un risultato che evidenzia una disparità significativa tra le opportunità lavorative femminili nel nostro Paese.
Un aspetto critico è quello del gap retributivo, come emerge dal "Rendiconto di Genere 2024" pubblicato, a febbraio 2025, dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza INPS.
In particolare, osservando i diversi settori economici, la differenza è pari al 20% nelle attività manifatturiere, 23,7% nel commercio, 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione, 32,1% nelle attività finanziarie, assicurative e servizi alle imprese. Inoltre, sono ancora poche le donne che ricoprono ruoli al vertice: solo il 21,1% dei dirigenti è di sesso femminile, mentre tra i quadri la percentuale sale leggermente, ma si ferma comunque al 32,4%.
Le donne nella libera professione.
Questo divario è presente anche se si osservano i dati della libera professione.
Secondo il report pubblicato a inizio anno, dell’Osservatorio delle Libere Professioni, che raccoglie i dati delle Casse previdenziali e di Inps gestione separata dal 2009 al 2023, le donne che esercitano la libera professione rappresentano il 35,3% del totale, rispetto al 64,7% degli uomini. Sebbene la disparità rispetto al 2009 rimanga evidente, si registra un cambiamento nella composizione: la presenza femminile è infatti cresciuta, passando dal 28% al 35,3%, mentre quella maschile è scesa dal 72% al 64,7%.
Se si osservano i dati territoriali, la presenza femminile si aggira tra il 35 e il 38% ad esclusione del Mezzogiorno che invece è al 32%.
Anche il settore di attività è un contesto in cui si evidenzia una ripartizione differente di genere. Le donne, infatti, sono maggiormente presenti nelle professioni dell’Area medica (51%), seguita dall’Area legale (43%), mentre resta bassa la percentuale nelle professioni tecniche (23,5%) e nel settore finanziario e assicurativo (21%).
Anche nel settore privato gli uomini guadagnano più delle loro colleghe, con un gap del reddito di oltre l’86%.
Questo divario è presente in tutte le categorie professionali, ma con variazioni importanti. Tra gli avvocati, ad esempio, le donne guadagnano meno della metà rispetto ai colleghi uomini, mentre tra i consulenti del lavoro il divario è meno marcato, dove il reddito delle donne raggiunge il 69,5% di quello degli uomini.
Barriere culturali, sociali ed economiche.
Le differenze di genere che, come abbiamo visto, è particolarmente forte in quasi tutti i settori del mondo del lavoro, sia nell’ambiente aziendale che nella libera professione, deriva da ragioni di natura diversa.
Si tratta infatti della combinazione di una serie di fattori di natura culturale, sociale ed economica che trovano la loro collocazione nell’espressione “soffitto di cristallo”, coniata dalla consulente aziendale e scrittrice Marilyn Loden nel 1978 e ancora purtroppo attuale.
Questo concetto fa riferimento alla struttura insormontabile, all’apparenza invisibile, fatta di stereotipi, discriminazioni e pregiudizi che ostacola l’avanzamento lavorativo delle donne, impedendo loro di arrivare alle stesse posizioni a cui può aspirare un uomo.
Una delle principali cause è quella della segregazione settoriale, evidenziata anche dai dati osservati in precedenza. Sin dall’infanzia gli studenti vengono indirizzati verso percorsi di studio e professioni diversi in base al loro genere. Le donne sono incoraggiate a scegliere carriere rivolte alla cura e all’assistenza (sanità, istruzione, assistenza sociale), mentre agli uomini vengono associati a professioni tecniche e scientifiche. Inoltre, quando le donne cercano di entrare in settori prevalentemente maschili incontrano spesso ostacoli come pregiudizi, difficoltà a ottenere promozioni e minori opportunità di networking in quanto devono relazionarsi in un ambiente prevalentemente maschile.
Questo porta a un altro fattore causa-effetto che è la scarsa presenza di donne in ruoli manageriali che limita la possibilità di avere mentori e role model che possano ispirare e sostenere le generazioni future.
Inoltre, emerge tuttora la difficoltà di conciliare il lavoro con la vita privata. In molti contesti, sono ancora le donne a farsi carico della maggior parte delle responsabilità familiari ritrovandosi così a dover rinunciare al lavoro, o a non poter accedere a ruoli che richiedono maggiori responsabilità. Oltre il 50% delle donne, infatti, decide di lasciare il lavoro per esigenze di conciliazione.
Come abbiamo visto in precedenza, in genere il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 19,5%, ma in presenza di figli arriva al 34%.
Politiche e strategie per la parità di genere.
L’Unione Europea negli ultimi decenni ha avviato molti progetti, come la "Strategia per la parità di genere 2020-2025".
Quest’ultima ha attuato interventi come:
• norme sulla parità di trattamento
• l'inserimento della dimensione di genere in tutte le altre
• provvedimenti specifici per la promozione della condizione femminile.
Tra i risultati più recenti figurano due direttive fondamentali:
1. La direttiva (UE) 2022/2381 sul miglioramento dell'equilibrio di genere nei Consigli di amministrazione delle società quotate, adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio. L'Italia ha recepito questa direttiva nel novembre 2024, mentre le società quotate dovranno conformarsi agli obiettivi previsti entro il 30 giugno 2026.
2. La direttiva (UE) 2023/970 sulla trasparenza retributiva, che rafforza l’applicazione del principio di parità di retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne. Questa direttiva si basa sulla precedente direttiva 2006/54/CE, recepita in Italia nel 2010. Gli Stati membri dell’UE hanno tempo fino al 2026 per attuarla, ma ad oggi nessun Paese europeo lo ha ancora fatto.
Inoltre, l'8 marzo 2023, la Commissione Europea, nel contesto della Strategia per la parità di genere 2020-2025, ha lanciato la campagna #EndGenderStereotypes, con il fine di combattere gli stereotipi di genere che influenzano uomini e donne in tutti gli aspetti della vita privata come le scelte professionali, la condivisione delle responsabilità di assistenza e il processo decisionale.
Quest’ultimo aspetto è di rilevante importanza.
In Italia, i congedi parentali continuano a essere sbilanciati, inoltre, si parla spesso della possibilità di adottare modelli di lavoro agile destinati principalmente alle donne, mentre dovrebbero essere pensati per entrambi i genitori. Infatti, le politiche “a favore delle donne” tendono a svantaggiare queste ultime nel mondo del lavoro e a rafforzare l’idea che la gestione dei figli sia principalmente una questione femminile.
Tuttavia, la politica da sola non basta a generare un cambiamento significativo.
Abbattere il “soffitto di cristallo”: Heca a sostegno delle donne.
Per abbattere il “soffitto di cristallo" è necessario mettere in atto una serie di strategie multilivello che coinvolgano sia le istituzioni che le realtà sociali più profonde, al fine di favorire un cambiamento concreto e consapevole.
Alla domanda “Cosa sta facendo la politica per la parità di genere?”, è arrivato il momento di chiedersi: “Cosa possiamo fare noi?”.
Heca ha scelto di perseguire attivamente la diversificazione all'interno della propria struttura organizzativa.
Il 50% dei nostri dipendenti è composto da donne e molti team strategici sono guidati da figure femminili di grande valore. Tra queste, troviamo: Chiara Stanisci, Head of Account Executive Altri Rami; Daiana Romagnoli, Head of Account Executive-CQS; Francesca Pittaluga, Claims Manager; Gioia Stendardo, Head of Account Executives PI; Linda Tatasciore, Head of Administration; Luisa Viele, PI Underwriter.
Un esempio particolarmente significativo di leadership femminile è rappresentato da Paola Vitiello, una delle nostre figure di spicco, che ricopre il ruolo di Head of Operations & Marketing & Business Development Department.
Queste scelte hanno contribuito a creare un ambiente di lavoro inclusivo e stimolante, favorendo risultati aziendali significativi. Abbiamo ottenuto diversi riconoscimenti come l’inserimento nella classifica del Financial Time “FT1000”, che premia le prime 1000 società europee per il loro sviluppo, e il titolo di “Leader della Crescita” da Il Sole 24 Ore per due anni consecutivi, per l'aumento di fatturato e l'espansione del team.
Il nostro impegno è la testimonianza che il cambiamento parte dalle singole realtà e solo spogliandosi da tutti gli stereotipi, supportando la valorizzazione delle competenze e il rispetto reciproco, è possibile costruire un futuro più equo e consapevole.